Molti libri si dilungano sull’esperienza eccellente delle start up in Africa, sul loro dinamismo e sulla loro crescita esponenziale. Si tratta sicuramente di una visione superficiale, in cui non si considera, ad esempio, la scarsità degli investimenti e la quasi inesistenza delle exit (con exit si intende la vendita della start up, quando la società e il suo prodotto sono così buoni da attrarre investitori che ne comprano delle quote per continuare a svilupparlo o per immetterlo in una IPO per la Borsa).
Ma una dinamica emerge su tutte: la tecnologia africana vince quando nasce per rispondere a bisogni tipici del contesto locale e ha successo quando propone soluzioni africane a problemi locali. Quando imita, senza riuscirci, le tecniche dei paesi occidentali, quando fa copycat, rischia di essere inutile: MPESA risolve il problema dello scambio di denaro per chi ha minori disponibilità economiche ma deve comunque versare cento scellini (l’equivalente di un euro) a un creditore e deve farlo a distanza. Copia Global non è Amazon e non lo riproduce, ma utilizza astutamente la capillare e frammentata catena di distribuzione che esiste in Africa per distribuire il suo catalogo e curare piani di pagamento diversi. Esoko e MFarm offrono uno strumento utile agli agricoltori, un’idea che può migliorare la qualità del prodotto, la supply chain e la produttività agricola.
Seguendo questa dinamica, cercando quindi di analizzare le esigenze africane e di dedicare loro soluzioni ad hoc, partendo dal contesto nel quale nascono, immagino settori che potrebbero beneficiare ampiamente di queste innovazioni tecnologiche, se solo qualcuno ci investisse seriamente.
Prendiamo ad esempio l’ambito della formazione: penso allo sviluppo di corsi online per le scuole, dato che in Africa molti istituti scolastici, soprattutto secondari e professionali, sono difficilmente raggiungibili e spesso costosi. Perché non immaginare scuole connesse alla rete, in grado di mettere a disposizione lezioni online specifiche, corsi base di agricoltura e pacchetti di lezioni finanziati dallo stato?
In Occidente migliaia di persone seguono online lezioni scientifiche e culturali, tanti studenti frequentano persino corsi universitari e master senza mettere piede in un’aula scolastica. Se l’Africa arrivasse un giorno a una soluzione tecnologica tutta sua, cucita sulle sue esigenze, si colmerebbe un enorme divario educativo.
Si pensi ancora ai benefici che potrebbe portare l’avanzamento della tecnologia in campo medico: come visto nelle pagine precedenti, spesso in Africa l’assistenza sanitaria è gestita privatamente, quindi poco accessibile per la gran parte della popolazione del continente.
Per le aree rurali, spesso escluse da ogni tipo di presenza medica qualificata, sarebbe sufficiente un’applicazione in grado di offrire tutorial, consigli e istruzioni via Skype, come fosse una piccola clinica, sempre pronta a suggerire le procedure di base per migliorare il trattamento di un’infezione, indicare quali medicine valide possano essere acquistate a poco, avvertire in caso sia necessario l’intervento di un medico competente. Una sorta di doctor online.
Alcuni servizi di questo genere sono effettivamente già attivi, ma non rispondono alla grande frammentazione africana e non sono così innovativi come solo una risposta tecnologica studiata in Africa potrebbe esserlo.
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