In Africa due persone su tre sono agricoltori e una è donna. Nonostante questo, l’attività agricola non ha vissuto nel tempo grandi investimenti: solo il 25% della terra arabile subsahariana è utilizzata e solo il 7% è irrigata. Per fare un paragone, basta pensare all’Asia, dove la terra irrigata arriva al 28%.
Certo, lavorare la terra nella fascia subsahariana non è cosa semplice, considerate le innumerevoli difficoltà. Nel complesso, le aziende agricole africane sono rappresentate per l’80% da piccoli agricoltori che non dispongono di risorse tali da affrontare queste condizioni avverse.
L’Africa, quindi, nonostante le terre coltivabili di cui dispone, non riesce a sfamare la sua gente.
Le importazioni di prodotti agricoli sono alte: si importa per 40 miliardi di dollari, si esporta per soli 15; vengono acquistati dall’estero cereali, mais, riso, zucchero, oli vegetali, carne, mentre vengono venduti ai mercati stranieri caffè, cacao, spezie, tabacco, frutta e verdura, fiori.
La FAO stima che il potenziale di terreni coltivabili ad acqua piovana ammonti a milioni di ettari e secondo i dati raccolti da Federico Bonaglia e Lucia Wegner nel libro Africa, un continente in movimento, la sola Guinea Savannah (un’area che si estende per circa 600 milioni di ettari dal Senegal alla Nigeria) potrebbe arrivare a offrire, se coltivata, una quantità di grano doppia rispetto a quella prodotta in tutto il mondo. A oggi questa zona è coltivata per solo il 10% della sua estensione.
La produttività è scarsa in tutta l’Africa Subsahariana, dove si produce una tonnellata di cereali per ettaro; si consideri che in altri paesi in via di sviluppo se ne producono in media 3 tonnellate per ettaro, mentre in Italia ne produciamo 10. Il suolo, spesso, non è messo a riposo e viene quindi impoverito e danneggiato, compromettendone la produttività futura.
Parlare di agricoltura in Africa significa dover affrontare nuove forme di neocolonialismo, primo fra tutti il fenomeno già citato del land grabbing. Ai contadini locali non restano che gli avanzi di terra, spesso meno fertili e più problematici da gestire.
Oltre alla terra, le produzioni agricole necessitano anche dell’acqua, risorsa che in Africa è mal distribuita e spesso mal gestita.
Non meno importante, il problema del trasporto e dello spreco alimentare: a oggi si stima una perdita di grano pari a 4 miliardi di dollari l’anno, quota che, se correttamente utilizzata, potrebbe sfamare 50 milioni di persone.
Non ci sono, inoltre, strade adeguate né veicoli dedicati al trasporto di alimenti che riescano a garantire la catena del freddo. Lo spreco, quindi, è altissimo.
Se si formassero delle imprese agricole più strutturate e consapevoli, formate per il lavoro che devono svolgere, potrebbero potenziare la produttività dei territori su cui investono. Per raggiungere gli obiettivi, servirebbero servizi adeguati alla domanda di cibo e, quindi, investimenti statali dedicati alla ricerca, a offrire assistenza e formazione agli agricoltori, nuovi metodi di irrigazione, costruzione di strade valide anche nelle aree rurali.
Infine, fondamentale sarebbe l’utilizzo della tecnologia, che offre notevoli potenzialità proprio all’agricoltura.
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